FILOSOFI E FILOSOFIE


Mensile di filosofia a cura di Roberto Vescarelli


N°5, IX-2006


CONTENUTI:


BREVI OSSERVAZIONI SULLA DIMOSTRAZIONE DELL'ESISTENZA DI DIO DI KURT GOEDEL
TALETE IL MILESIO

BREVI OSSERVAZIONI SULLA DIMOSTRAZIONE DELL'ESISTENZA DI DIO DI KURT GOEDEL

di Roberto Vescarelli



In genere i filosofi non si accontento di avere o non avere fede; sono perlomeno curiosi di sapere se qualcosa può essere dimostrato intorno a Dio, e anche se noi uomini possiamo conoscere qualcosa della divinità.


Un filosofo può credere che i discorsi teologici siano privi di utilità o addirittura di significato, ma in quanto amante della sapienza li vorrà ugualmente analizzare e capire.


I filosofi provarono a dimostrare l'esistenza di Dio per lo meno dai tempi di Aristotele e probabilmente ciò non sarebbe potuto avvenire presso popoli meno civili dei Greci.


La prova che ci occuperà in questo articolo è quella di Goedel. Goedel la portò a compimento all'inizio del 1970 e la mostrò al logico Dana Scott. Ne discusse con lui ma non volle pubblicarla (si tratta di due paginette di un taccuino) perché non si pensasse che fosse interessato alla teologia quando invece i suoi interessi erano esclusivamente logici.


Ad ogni modo Goedel era un credente.


La prova è una rielaborazione in veste logica di una serie di argomentazioni risalenti a Leibniz (vi sono influssi anche di Anselmo, Cartesio e Spinoza). Per comprenderla nei tratti essenziali basterà ricordare la tesi leibniziana:


1. se Dio è possibilmente esistente, allora esiste necessariamente


ma


2. Dio è possibile


quindi


3. Dio esiste attualmente


Leibniz sostenne che 1. è stata dimostrata da Cartesio, e, dopo aver dimostrato 2, tira la sua conclusione per modus ponens.


La dimostrazione di 2 è tutt'altro che facile. Si deve supporre che a Dio spettino tutte le proprietà positive. A questo punto si deve dimostrare che non è contraddittorio attribuire a un ente tutte le proprietà positive. Se ci si riesce, si è dimostrato che Egli può esistere.


Per comprendere sia Leibnitz che Goedel dobbiamo porre mente al concetto di proprietà.


Una simbolo di proprietà è il nome di un insieme. Una proprietà può essere costituita di proprietà più semplici. "Maggiore o uguale" è una proprietà composta.


Se una proprietà esprime una privazione, diciamo che essa è una proprietà negativa. Le proprietà negative si dovrebbero ottenere da quelle positive tramite la negazione. Nei linguaggi naturali accade spesso che la negazione sia incorporata nel nome della proprietà positiva (disonesto) o sia sottintesa (scapolo è la negativa di sposato). Noi immaginiamo di avere a che fare con un linguaggio ideale, in cui l'unione di proprietà positive fornisce proprietà positive, e in cui, per ogni proprietà, esattamente una fra la proprietà o la sua negazione è positiva.


Capita di non avere un metro per giudicare se una proprietà sia positiva o negativa in alcuni casi in cui l'intuizione viene meno: essere verde sembra positiva, ma sembra anche che le cose verdi non possano essere rosse, e quindi forse "essere verde" è la negazione di "essere rosso". Nel linguaggio ideale in cui è condotta la dimostrazione di Goedel ciò non può accadere.


Dio è stato concepito (esplicitamente da Cartesio) come somma di tutte le perfezioni. Ciò potrebbe essere così interpretato: tutte le proprietà positive, compresa l'esistenza necessaria, sono predicabili di Dio.


4. G(x) = per ogni P, se P è una proprietà positiva, allora P(x)


dove G(x) è un nome dell'enunciato "x è Dio".


5. se esiste un x tale che G(x), allora necessariamente esiste x


Ciò che è interessante nell'atteggiamento di Goedel è che esso mira a dimostrare che qualora una teoria coerente circa Dio fosse trovata, avremmo le stesse ragioni per credere nell'esistenza di Dio di quelle che abbiamo nel credere all'esistenza degli enti di cui parla qualsiasi altra teoria coerente (i numeri dell'aritmetica o gli elettroni della fisica).


Hilbert sostenne che esistere equivale ad essere l'oggetto di cui parla una teoria dimostrabilmente coerente (una teoria è coerente se non è possibile dimostrare al suo interno un enunciato della forma "p e non p").


Quindi se non ci sono incoerenze nel nostro discorso su Dio (non come quando si dice ad es. che è uno e trino) i nostri enunciati descrivono e riguardano Dio.


Se esistere significa solo essere ciò di cui parla una teoria dimostrabilmente coerente, si può provare che una dimostrazione dell'esistenza di Dio non è impossibile.



TALETE IL MILESIO


Di Roberto Vescarelli


[1] B. Farrington, La scienza nell’antichità, Longanesi

[2] B. Farrington, Storia della scienza greca, Mondadori, 1964 (Ia ed. 1953)

[3] G. Reale, Storia della filosofia Greca e Romana, Bompiani, 2004

[4] Renato Laurenti, Introduzione a Talete, Anassimandro Anassimene, Laterza, 1971


1. TALETE DI MILETO E LA NASCITA DELLA FILOSOFIA


1.1 IL MIRACOLO GRECO


Nella Ionia, la fascia costiera occidentale della penisola anatolica, durante il VI secolo, il potere politico era nelle mani di una aristocrazia mercantile attivamente impegnata nel promuovere il rapido sviluppo delle tecniche da cui dipendeva la sua prosperità.


Mileto, la colonia greca nella Caria dove nacque la filosofia, era un fiorente centro commerciale e ”I suoi prodotti venivano scambiati con quelli di altre regioni ... assai lontano nel Mediterraneo. Era in contatto per via terrestre con l'ancor florida civiltà mesopotamica e, via mare, con l'Egitto”

[2, 47]. Essa fu famosa durante l'antichità per aver fondato più di novanta colonie sulla costa occidentale della penisola anatolica.


La nascita della filosofia nella Ionia fu favorita da ragioni economiche. Queste, tuttavia, non spiegano, da sole, il fatto che i Greci crearono, apparentemente dal nulla, sia la filosofia, che la storia, la geografia, la psicologia, la medicina, la biologia, la geometria, l'astronomia. Se molte delle conoscenze scientifiche dei Greci derivarono da quelle dei popoli Babilonese, Egizio e Fenicio (e in molti campi i Greci resero solo scientifica una indagine che raccoglieva già una gran mole di osservazioni prescientifiche, come in medicina o in astronomia), non così fu nel caso della filosofia, che sembra essere una novità introdotta nella cultura dai Greci. È ben vero che è esistita una tradizione secondo la quale la filosofia nacque originariamente presso altri popoli (p. es. i Caldei), ma essa è stata seriamente screditata dalla storiografia più recente [cfr. 3, vol I]


Il “miracolo greco” è stato spiegato ricorrendo alla capacità, propria dei Greci, di utilizzare ragionamenti astratti e compiere deduzioni. Sebbene oggi questo genere d?argomentazione venga considerato troppo semplicistico, esso contiene a mio parere qualche verità. In fondo, a proposito del teorema di Pitagora, la differenza fra Euclide e un geometra egizio (che conosceva il teorema solo nel caso particolare del triangolo di lati 3, 4, 5) consiste nel fatto che il primo conosceva come caso particolare anche quello che conosceva il secondo, mentre il secondo non conosceva alcunché nella sua generalità.


Ad ogni modo non esiste una risposta universalmente accettata alla domanda: “cosa causò il sorgere della filosofia?”.


I milesii Talete, Anassimandro e Anassìmene non formarono una “scuola” nel senso in cui questo termine sarà usato per riferirsi all'Accademia o il Liceo. Parlando di “Scuola di Mileto” non si vuole pertanto alludere a un'istituzione di ricerca o a un'associazione di professori, ma soltanto sottolineare che un certo numero di idee filosofiche furono condivise dai tre naturalisti ionici del VI secolo i quali, con molta probabilità, furono anche fra loro nel rapporto maestro - discepolo.



1.2 TALETE DI MILETO


Tutte le fonti da cui attingiamo notizie biografiche o dottrinali riguardanti Talete sono fonti indirette. Da queste non possiamo ricavare neanche la certezza del fatto che Talete abbia mai scritto qualcosa. Gli storici, tuttavia, ritengono che si possa asserire che egli operò fra la fine del VII e l'inizio del VI sec. a.C a Mileto e che fu contemporaneo di Creso, re della Lidia, Ciro, re di Persia e di Solone.


La tradizione considera Talete come il primo filosofo (occidentale). La tradizione stessa, ad ogni modo, gli attribuisce anche un gran numero di competenze che oggi giudicheremmo "scientifiche".


Nel fondatore della filosofia, spirito scientifico e spirito filosofico convivono.


Le fonti più importanti per la ricosruzione del pensiero filosofico di Talete sono, come nel caso di altri presocratici, Aristotele (Meth., A maggiore, cap.3) e Platone. Anche Diogene Laerzio tramanda importanti notizie dottrinali.


Platone e Aristotele tramandano due aneddoti che rendono piuttosto ambiguo il carattere di Talete. Il primo ricorda che cadde in un pozzo perché camminava contemplando il cielo, e che fu pertanto canzonato da una serva di origini semibarbare, proveniente dalla Tracia. Il secondo ne fa un esperto di crematistica, ossia dell'arte di accumulare ricchezze. Avendo correttamente previsto che vi sarebbe stata un'eccezionale annata per il raccolto delle olive, affittò tutti i frantoi dell'isola di Chio, vicino a Mileto. Quando gli abitanti ebbero bisogno dei frantoi, li subaffittò, ricavando da ciò un utile.


Secondo Erodoto e Diogene Laerzio Talete promosse un'alleanza delle colonie ioniche contro i Persiani e dissuase i milesii dall'allearsi con Creso re della Lidia (“Sembra che anche nel campo politico sia stato un consigliere eccellente. Quando Creso mandò ai Milesii un'ambasceria per un'alleanza egli lo proibì, e ciò salvò la città allorché Ciro vinse” [Diog. Laerz. I, 25]). Il fatto che egli si sia occupato di tali progetti politici non deve sorprenderci, visto che nella polis greca il possesso della sapienza

costituiva un indiscutibile titolo di idoneità al governo. Altri filosofi che ricoprirono cariche pubbliche, fra il VI e il V secolo, o che si spesero in quel periodo per la scrittura delle leggi delle città furono Pitagora, Archita di Taranto, Parmenide d'Elea, Protagora di Abdera.

Talete viene spesso ricordato come uno dei sette sapienti dell'antica Grecia, ognuno dei quali era famoso per un detto. Il suo era: “l'acqua è la migliore di tutte le cose”.


1.3 I MERITI SCIENTIFICI DI TALETE


I meriti astronomici di Talete non furono così rilevanti come generalmente si crede. A lui viene attribuita la previsione di un'eclissi avvenuta all'inizio del VI secolo a.C. (alcuni storici dicono nel 585, basandosi su Erodoto), ma è molto probabile che le conoscenze che gli permisero di fare

questa famosa previsione egli le avesse apprese dai Babilonesi, i quali da tempo avevano raccolto una gran copia di osservazioni astronomiche [cfr. 1, cap.I].

Una delle nostre fonti, a questo proposito, è Plinio il vecchio (II, IX, 53): “Fra i Greci il primo ad indagare su questo fenomeno [le eclissi] fu Talete di Mileto, con la predizione di un'eclissi da lui fatta nel quarto anno della quarantottesima olimpiade, eclisse che si verificò sotto il re Aliatte nel 170 di Roma [584 a.C.]”


Talete scoprì l'Orsa Minore, la cui stella più luminosa (Alpha Ursa Minor) è la stella polare; divise il mese in trenta giorni e l'anno in trecentosessantacinque, cosa che però gli Egiziani avevano fatto fin dal 4236 a.C. [ Il primo calendario venne introdotto in Egitto verso il 4236; l'anno solare constava di 365 giorni, divisi in 12 mesi di 30 giorni più 5 giorni “sacri” (cfr. 1)].


Infine, si ritiene che abbia compreso che la Luna è illuminata dal Sole (tuttavia il primo ad asserire esplicitamente che il satellite naturale della Terra non brilla di luce propria fu Anassagora di Clazomene, V sec. a.C. ).


A Talete vengono attribuite le seguenti proposizioni geometriche:

1.il diametro divide in due il cerchio.

2.gli angoli alla base di un triangolo isoscele sono congruenti.

3.due rette incidenti individuano angoli opposti al vertice congruenti.

4.il triangolo inscritto in un semicerchio è rettangolo.

5.un lato e due angoli determinano univocamente un triangolo.


Egli riuscì per primo a misurare l'altezza di una piramide: aspettò l'ora del giorno in cui la sua ombra appariva lunga tanto quanto la sua altezza, e quindi misurò l'ombra della piramide.


Sembra che anche le sue conoscenze ingegneristiche fossero piuttosto progredite e che fosse in grado di deviare il corso dei fiumi: secondo una tradizione, per permettere alle truppe del re Creso il passaggio del fiume Halys creò un sistema per l'incanalamento delle acque. Già Erodoto dubita di questa tradizione: “Come fu giunto al fiume Halys, Creso fece di lì traghettare l'esercito, a quanto io credo, per mezzo di ponti già esistenti, mentre secondo il racconto corrente tra i Greci, fu Talete che glielo fece passare sull'altra riva”.


Fin qui, Talete appare come un ottimo scienziato.


Ma consideriamo ora il suo contributo alla filosofia.


1.4 LA FONDAZIONE DELLA FILOSOFIA


Aristotele sembra considerare Talete in questi termini: egli fu il più antico fra coloro che indagarono la causa materiale della phisis e il più antico fra coloro che posero un unico principio materiale come arché.


Con il termine physis (usualmente tradotto con “natura”) presso i presocratici ci si riferiva sia all'insieme degli accadimenti che costituiscono il mondo, sia alla realtà fondante o essenza ultima della natura. Quando Aristotele sostiene che Talete indagò la causa materiale della phisis, egli si riferisce al fatto che il Nostro aveva in mente domande del tipo: di cosa sono fatti tutti gli oggetti del mondo? Potrebbero essere costituiti da un'unica sostanza? E non domande del tipo: qual è il fine delle cose che accadono? O: da dove deriva l'universo?


I milesii sono noti per essersi interrogati circa l'archè della physis. Il termine archè, introdotto nella filosofia da Anassimandro, usualmente tradotto con “principio”, aveva presso i presocratici molteplici significati.

Archè è sia l'origine, in senso genetico, delle cose, sia la loro natura (ciò di cui sono costituite), sia la realtà ultima a cui tende ogni trasformazione, sia l'aspetto divino dell'universo.


Aristotele tramanda che, secondo Talete:

I.l'arché è l'acqua.

II.Il mondo galleggia sull'acqua.

III.Anche il magnete possiede un'anima, in quanto è in grado di attirare il ferro.

Da altre fonti sappiamo inoltre che affermò che:

IV.Tutto è pieno di dei.


Così per Talete l'acqua è ciò di cui le cose sono costituite, ciò da cui tutto proviene, ciò a cui tutte le trasformazioni tendono e anche l'elemento divino presente nella Natura (I).


Aristotele suggerisce che Talete arrivò a sostenere che l'arché è l'acqua dopo aver osservato che il cibo è umido e che il caldo, indispensabile per la vita, nasce dall'umido.


La dottrina di Talete oggi può apparire ingenua, ma deve essere ricordata come il primo tentativo di spiegare la realtà senza riferirsi a principi estrinseci alla natura (contrariamente a quanto accadeva nella mitologia).

Aristotele, per chiarire questo specifico merito del milesio, contrappone la sua dottrina al mito di Oceano e Teti; analogamente Farrington [2, 47] la contrappone al mito cosmogonico della religione Babilonese: “Tutte le terre erano mare ... Marduk fissò una stuoia di giunco sulla superficie delle acque, impastò il fango e lo ammucchiò presso la stuoia di giunco”: invece dalla fisica di Talete restano esclusi gli dei della religione tradizionale. I naturalisti milesii fornirono per primi una visione dell'universo basata su argomentazioni razionali. Così Talete spiegava i terremoti riferendosi alle onde d'acqua capaci di colpire il mondo dall'esterno, e le piogge come il riversarsi sulla Terra dell'acqua contenuta sopra la volta celeste.


Il principale merito filosofico di Talete, ad ogni modo, fu l'aver ricercato, al di là dei molteplici fenomeni osservabili, un'unità in grado di fornire una comprensione razionale del mondo. Come sottolinea F.W.Nietzsche: “Talete addita l'esigenza di semplificare il regno del molteplice e di degradarlo a semplice svolgimento o travestimento dell'unica qualità esclusivamente esistente: l'acqua”; “Talete vide l'unità degli essenti, e poiché voleva comunicare, parlò dell'acqua!” (La filosofia nell'età tragica dei Greci, 3-4).


Per quanto riguarda la tesi secondo cui “tutto è pieno di dei” (IV), occorre chiarire come essa non entri in contrasto con quanto finora detto. Il termine ILOZOISMO, coniato nel secolo XVII per riferirsi al panteismo di B. Spinoza, deriva dalle parole greche yle e zoé (materia e vita), ed è usato

per alludere alla dottrina secondo cui tutta la materia è animata, cioè dotata di vita, indipendentemente dall'esistenza di un principio animatore esterno alla materia stessa. Nell'antichità furono ilozoisti sia i naturalisti ionici di cui stiamo trattando che gli stoici. Ciò rende più chiaro il senso di (III).


Tenendo conto di ciò e dei significati del termine arché, (IV) sembra affermare che l'acqua, natura ultima di tutte le cose, è anche il divino immanente alla Natura e la ragione della sua animazione. Ciò implica che Talete negasse l'esistenza degli dei della religione olimpica.


Infine, a proposito di (III), si potrebbero trarre molte conclusioni. Una di queste è che per Talete l'anima è caratterizzata dall'essere una “ragione” del movimento, la quale agisce anche senza che vi sia contatto con la cosa mossa.



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